неделя, 17 юли 2022 г.

MANOSCRITTO VOYNICH: IL CODICE DEL XV SECOLO DEFINITO «IL PIÙ MISTERIOSO AL MONDO»

 Iliyana Benina, Nikola Benin



Tra gli antichi misteri che riguardano le meraviglie del lavoro amanuense, occupa un posto di riguardo un tomo miniato risalente al XV secolo; esso è il Codex Voynich, noto come Manoscritto Voynich, ubicato presso la Beinecke Rare Book and Manuscript Library della prestigiosa Università di Yale (U.S.A.) e registrato al numero «Ms 408».
Ciò che lo rende misteriosamente affascinante è il fatto che sia stato redatto in una lingua che gli studiosi non sono ancora riusciti a decifrare.
Il Codex Voynich è uno dei più rari manoscritti al mondo sul quale converge l’attenzione di paleografi, crittografi ed esperti delle scienze alchemiche ed esoteriche.
Composto da 102 fogli di vellum e, dunque, da 204 pagine minate, il manoscritto Voynich racchiude, nelle sue contenute dimensioni pari a 16x22x5cm, alcune illustrazioni che permettono di dividerlo in cinque sezioni.
Esso conterrebbe, dunque, degli scomparti dedicati a differenti discipline che spazierebbero dall’erboristica alla farmacologia, individuabili solo per mezzo delle iconografie miniate presenti sui fogli pergamenati.
IL RITROVAMENTO DEL MANOSCRITTO
Il manoscritto cifrato deve il suo nome a Wilfrid Michael Voynich, esperto di antiquariato di origini polacche, che nel 1912 fu convocato a Roma dall’Ordine dei Gesuiti per valutare trenta dei tesori presenti nella biblioteca del collegio;
questi tesori sarebbero stati stimati per, poi, essere destinati alla vendita avvenuta nel 1915 durante una mostra di manoscritti italiani allestita presso Istituto d’Arte di Chicago; i proventi ricavati avrebbero dovuto esser destinati al restauro della Villa Tuscolana di Mondragone.
Il misterioso manoscritto venne, però, sottoposto all’attenzione pubblica sei anni dopo, a Philadelphia. Del tomo, redatto su pelle di vitello, restano disperse alcune pagine e, più precisamente, pagina 12, quelle intercorrenti tra pagina 59 a 64 e le pagine 74, 91, 92, 97,98, 109 e 110.
UNA LETTERA MISTERIOSA
Durante l’ispezione del tomo, Voynich rinvenne al suo interno una lettera la cui intestazione di emittenza faceva capo alla persona del medico ceco e rettore dell’Università di Praga, Jan Marek Marciriportava; la missiva riportava come luogo e data “Praga, 19 agosto 1665”. Secondo quanto rinvenuto nel contenuto, negli anni successivi al 1665, il Codex era stato inviato a Roma dal suo possessore ed indirizzato all’amico poligrafo gesuita ed esperto di geroglifici egizi, Athanasius Kircher perché lo decifrasse, ma senza ottenerne successo.
La missiva farebbe, altresì, luce sull’aspetto storico e sui suoi possessori: secondo le ricostruzioni il misterioso volume era stato precedentemente in possesso dell’Imperatore del Sacro Romano Impero, Rodolfo II d’Asburgo, il quale – a sua volta – l’aveva acquistato dal filosofo, teologo ed alchimista di origini inglesi Roger Bacon, noto con il nome di “Doctor Mirabilis”, frate francescano vissuto durante il Basso Medioevo.
LE IPOTESI SUL CODEX VOYNICH
Sulla natura di questo manoscritto hanno investigato molteplici studiosi e ciò ha portato alla luce teorie convergenti: inizialmente si riteneva che la redazione del volumen potesse esser collocata durante il XVI secolo; questa teoria diede alla luce l’ipotesi che il tomo fosse un falso, frutto del genio dell’alchimista, medium e falsario inglese Edward Talbot, conosciuto con il nome di Edward Kelley, che la ideò ai danni dello stesso imperatore del Sacro Romano Impero. Questa ipotesi teorica, tuttavia, fu smentita nel febbraio 2011 quando – previa autorizzazione – alcuni ricercatori dell’Università dell’Arizona intrapresero delle analisi mediante il metodo del cosiddetto carbonio 14 conosciuto anche come “tecnica del radiocarbonio”, che permise di risalire alla datazione dei materiali di origine organica. I risultati degli esami “forensi” sui campioni prelevati dai margini della pergamena del tomo hanno circoscritto la data di creazione al XV secolo, individuandone come datazione esatta gli anni intercorrenti tra il 1404 ed il 1438.
Un’analisi agli infrarossi, invece, aveva portato alla luce un appunto che corrisponderebbe con la firma autografa ed ancora leggibile dell’alchimista Jacobi à Tepenecz.
Altre teorie convergono, invece, sulla convinzione che il volumen sia stato redatto in un momento successivo al 1492, anno coincidente con la scoperta dell’America ad opera di Cristoforo Colombo; questa tesi sarebbe supportata dal fatto che, nella sezione dedicata alla Botanica, è presente –la specie floreale Helianthus Annuus, conosciuta con il nome di “girasole comune”, fiore tipico dell’area geografia americana.
I ricercatori della prestigiosa Università di Yale sostengono che il manoscritto abbia alcuni dei connotati che lo collochino alla produzione amanuense avvenuta negli scriptorium presenti nei cenobi medievali.
Gli esperti di crittografia, ancor ‘oggi, dedicano il loro studio al codice Voynich cercando metodi che possano decifrare questo libro assai poco noto, che potrebbe rendere alla storia un patrimonio ampio di conoscenze.
IL MISTERO CHE AVVOLGE IL MANOSCRITTO
el primo ventennio del XX secolo tra le personalità che mostrarono interesse per il Codice vi fu un docente di filosofia, William Newbold, il quale, nel tentativo di decifrarlo, sostenne – in un suo saggio – che la lingua adoperata fosse quella latina, modificata allo scopo di rendere incomprensibile il testo a terzi. Gli esperti hanno dato una plausibile veridicità all’ipotesi che parrebbe spiegare l’unicità e la rarità del manoscritto Voynich e che si troverebbe in armonia con quanto affermato dal ricercatore dell’Università di Bristol, Gerard Cheshire: quest’ultimo, in un saggio accademico intitolato The Language and Writing System of MS408 (Voynich) Explained e pubblicato nel 2019 per la rivista “Romance Studies” – dedicata allo studio della cultura romanza – sosterrà di essere riuscito, dopo un’ardua impresa, a decodificare il tomo, collocando il sistema linguistico all’appartenenza di un idioma proto-romanzo e, più precisamente, egli affermerà che il manoscritto utilizza un linguaggio estinto in cui vi è un’associazione tra simboli familiari e simboli meno conosciuti. Seppure alcune scuole di pensiero hanno ritenuto poco attendibili, in quanto lacunose, le teorie sostenute da Gerard Cheshire, la possibilità dell’esistenza di una lingua proto-romanza ha trovato un riscontro anche in altri studiosi di filologia: gli stessi linguisti Walter Berschin e Roger Wright definiscono la lingua proto-romanza un insieme di lingue volgari di derivazione latina volgare che hanno fatto la loro comparsa nel periodo intercorrente tra il III ed il VII secolo d.C.,
Il docente e linguista dell’Università del Bedfordshire, Stephen Bax, nel 2014, si ingegnò per l’identificazione e decifrazione della costellazione del Toro e di alcuni contenuti appartenenti alla sezione dedicata alla Botanica: secondo lo studioso, dunque, il manoscritto Voynich era lontano dalle ipotesi di un codex “truffaldino” e, per questo, impossibile da decifrare.
Roger Bacon e il codex Voynich
I due studiosi, quindi, come il predecessore William Newbold, attribuivano l’opera alla produzione eseguita da Roger Bacon.
Il nome di Roger Bacon, conosciuto come “Bacone”, è rivestito, sin dall’epoca rinascimentale, di considerazione: egli era ritenuto il custode di informazioni negate agli uomini “semplici” e non fu rara l’analogia, creata dalla credenza comune, tra lui ed il Doktor Faust;
Bacon assume un ruolo-fulcro nell’opera teatrale “The Honorable Historie of Frier Bacon e Frier Bongay” scritta dall’inglese Robert Greene in era elisabettiana e, più precisamente, nel 1589, in cui interpreta il ruolo principale di un frate negromante, gran conoscitore dell’arte magica.
La vita di questo personaggio, gran conoscitore e cultore delle arti oscure, rappresenterebbe per molti studiosi una preziosa chiave per la lettura per la decifrazione del manoscritto Voynich.
Riprestando attenzione all’aspetto crittografico, degno di nota è il possibile riconoscimento di 19-28 probabili lettere che non trovano alcuna correlazione con gli alfabeti conosciuti, seppure vi è il sospetto che siano stati adoperati alcuni alfabeti “complementari”.
IL CODEX VOYNICH OGGI
Attualmente, la tesi sostenuta dai ricercatori impegnati nella misteriosa interpretazione dell’opera sostengono che non sia remota la possibilità che il tomo si stato scritto con un linguaggio “artificiale”; ripetutamente è stata, a questo proposito, adoperata la Griglia Cardanica, inventata nella seconda metà del XVI secolo dal matematico Girolamo Cardano: strumento di steganografia, veniva utilizzata all’alba dell’età moderna per decifrare messaggi segreti mediante l’utilizzo di apposite griglie di carta;
Neppure il suggerimento sull’utilizzo, dato nel 2004 dall’informatico scozzese e contemporaneo Gordon Rugg, riuscì a svelare il contenuto di questo antico manoscritto le cui informazioni potrebbero portare alla luce conoscenze nuove che potrebbero rivelarsi importanti sotto l’aspetto scientifico.

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