Nikola Benin, Ph.D
Quando si nomina il Vaticano, la prima immagine che salta alla mente è quella della basilica cristiana più famosa al mondo (la Basilica di San Pietro, appunto) e dei Musei Vaticani, entrambi con le loro interminabili file all’ingresso! In realtà il Vaticano è molto altro: la sua storia non è limitata alle mura vaticane ma si estende anche al di fuori, nel quartiere che prende il nome di rione Borgo.
Questo rione è una meta sicuramente consigliata se si vuole godere a pieno di uno dei posti più affascinanti della città, passeggiando in quello che rappresenta il cuore della civiltà cristiana. L’atmosfera respirata tra le vie del borgo è un misto di accoglienza, spiritualità e folclore. Non a caso la parola “Borgo” deriva da “Burg” termine germanico che indicava un “piccolo centro abitato”.
Avendo accolto per secoli milioni di pellegrini da tutto il mondo, questa zona non ha mai perso la sua impronta ospitale. Tanti sono gli alberghi, hotel, b&b, ristoranti, bar nei quali è possibile godere a pieno di tutto ciò ( se vuoi avere consigli a proposito scrivimi.
Ma quali sono le origini del quartiere?
L’area dove sorge oggi la città del Vaticano corrisponde a quella che in epoca imperiale era l’ager Vaticano. Per il termine Ager non ci sono dubbi: viene dal latino e sta per “campo”, “terreno”. Per il termine Vaticano, invece, ci sono diverse interpretazioni da parte degli autori classici: c’è chi dice faccia riferimento a un dio minore romano, il dio Vaticanus, che aveva la funzione di assistere i neonati nel loro primo vagito infatti ed è probabile che il nome non sia Vaticanus ma Vagitanus, da vagito.
Allo stesso tempo, c’è chi ritiene che il termine deriva dal verbo latino vaticinari, tradotto significa “predire”. Non a caso la zona in epoca imperiale era riservata ad una necropoli romana, quindi era probabilemente sia un luogo di preghiera, che un posto di predizione del futuro.
L’ager vaticano, sorge sul luogo che veniva chiamato Mons Vaticani, ossia la zona collinare delimitata dai colli del Gianicolo, Montemario e del Vaticano, appunto. Queste colline erano famose per esser fatte di argilla utilizzata nelle fornaci romane per la realizzazione dei mattoni; gli stessi mattini visibili ancora oggi in quel che resta della Roma imperiale.
Prima dell’arrivo dei romani la zona non era abitata perché era estremamente paludosa e rischiava molto spesso l’alluvione del Tevere. A differenza di essa, la riva sinistra del Tevere era abitata e corrispondeva alla Roma antica.
Essendo una zona piuttosto paludosa per i romani era difficile trovargli la giusta occupazione. Tuttavia per utilizzarla pensarono bene di costruirci degli orti, in particolare dei vigneti, ma a causa dell’elevata quantità di tufo presente nel terreno il vino non era di qualità; per lo meno Marziale nei suoi scritti ricorda l’asprezza del vino.
Da Augusto a Nerone
In epoca augustea sorgono gli Horti di Agrippina, madre dell’imperatore Caligola (37-41 d.c.), costruiti accanto alla sua villa che costeggiava il Tevere, con una meravigliosa terrazza. Il figlio Caligola fece poi costruire un circo privato su quella che oggi corrisponde alla navata sinistra della basilica. Fu ereditato e ampliato in seguito dall’imperatore Nerone, il quale vi costruì il famoso Palatium Neronis, occupando l’intero suolo dove oggi si estende la basilica di San Pietro.
Ricordiamo inoltre che Caligola fece costruire il Ponte Trionfale, detto anche “Vaticano” o “Neroniano”, situato nelle immediate vicinanze di quello che oggi corrisponde al ponte Vittorio Emanuele II. Rinnovato successivamente da Nerone(per questo denominato anche “neroniano”), su di esso venne fatta passare la “via Triumphalis” (chiamato così perché attraversato dall’esercito romano dopo una vittoria in guerra), che arrivava fino a Veio e che collegava l’attuale zona di San Giovanni dei Fiorentini con Borgo Santo Spirito. Purtroppo venne distrutto nel V secolo e i suoi resti sono ancora oggi visibili quando il Tevere è in secca.
L’intervento di Sisto V nel 1586
E’ certo che all’interno del circo vi era innalzato l’obelisco egizio, quello che nel 1586 papa Sisto V farà spostare e collocare al centro di piazza San Pietro da Domenico Fontana. L’obelisco è spoglio, cioè privo di geroglifici, ed è il secondo obelisco più grande di Roma (alto 25 m) dopo quello lateranense. Fu trasportato dall’Egitto e all’apice dell’obelisco venne posta un’urna contenente una reliquia della Santa Croce.
Il circo oltre ad ospitare spettacoli divertenti come corse di cavalli. di bighe e quadrighe veniva utilizzato anche per le esecuzioni dei tanti cristiani perseguitati senza pietà; ricordiamo che qui vennero martirizzati coloro giudicati colpevoli del grande incendio che scoppiò a Roma nel 64 d.c. Essi furono seppelliti a poca distanza dal luogo del martirio, in quella che sarà poi la famosa necropoli vaticana.
La necropoli vaticana e la prima tomba dell’apostolo Pietro
Infatti sotto l’asse est-ovest della basilica, ossia parallelamente alla navata sinistra, era collocata una necropoli romana le cui tombe più antiche risalgono al II sec. d.c.(lato settentrionale) mentre le successive fino al III sec. d.c. (lato meridionale). La necropoli era formata da una serie di mausolei, delle grandi stanze coperte a volta con l’accesso rivolto ad est, verso il sole nascente, che appartenevano a famiglie di ricchi liberti. Posizionati uno accanto all’altro ciascuno aveva un’iscrizione all’interno che indicava il nome del proprietario defunto. Il fascino del posto è dovuto alle decorazioni interne. Infatti alcune erano riccamente decorate da eleganti pitture, oppure con stucchi, e in alcuni casi, rivestiti da mosaici bianchi e neri. Tra le iconografie rinvenute troviamo scene con pavoni affrontati a un cesto di fiori e frutta; uno schiavo che consegna del denaro al suo padrone seduto accanto a un tavolo; pitture parietali con scene tratte dal mito di Alceste; mosaico pavimentale bianco e nero con il ratto di Proserpina (evidente rifermento funebre).
Ma i più grandi e notevoli mausolei sono quelli che nelle loro decorazioni presentano una commistione tra pagano e cristiano. Infatti ad alcuni sono state aggiunte iscrizioni o simboli cristiani. Compaiono all’interno rappresentazioni che fanno chiaramente riferimento alla religione cristiana e sono: il mito di Giona (Giona nelle fauci di una balena, riferimento alla resurrezione di Cristo), un pescatore, il Buon Pastore, Cristo raffigurato su un carro del Sole come Dio Apollo.
Seguendo la disposizione dei mausolei gli archeologi hanno potuto raggiungere, anche sulla base di attenti studi, quella che è stata poi considerata la tomba dell’apostolo Pietro. Essa si differenziava dalle altre perché molto più semplice e modesta, di piccole dimensioni, aveva un monumento che si addossava al muro retrostante ed era accessibile per mezzo di due scale a sud. Il muro retrostante era coperto di graffiti e di antiche iscrizioni coperte da epigrafi che indicavano col loro affollamento l’immensa devozione dei fedeli. Costituito da due nicchie sovrapposte e da un piano aggettante in travertino sostenuto da due colonne, questa edicola è oggi denominata con il nome di Trofeo di Gaio, corrispondente alla Tomba dell’apostolo Pietro, seppellito nel luogo del martirio (San Paolo invece non è stato seppellito nel luogo del martirio ossia sulla Basilica delle tre fontane, ma sulla via ostiense presso San Paolo fuori le mura). Esattamente sopra sarà costruito quello che oggi è l’attuale altare papale.
La tomba di Pietro è il punto fisso da cui parte la storia della basilica e tutto quello che verrà costruito inseguito sarà realizzato senza spostare le spoglie del santo tanto che sarà sbancata la collina del Monte Vaticano.
Era questa una famosa zona sepolcrale, tutelata dal diritto romano, dove trovano luogo alcune tra le tombe più importanti. Si pensa che qui si doveva trovare la Meta Romuli che i romani favoleggiavano come la tomba di Romolo (collegata alla Piramide Cestia che una credenza popolare medievale voleva fosse la tomba di Remo),accanto al Terebinthus Neronis, una tomba rotonda sormontata da una torre demolita nel VII secolo, i cui blocchi della pavimentazione circostante vennero utilizzati per i gradoni della basilica di San Pientro. Diverse fonti (“Le meraviglie della città di Roma” del XII sec.) fu sul Terebinto di Nerone che fu crocifisso San Pietro.
Così come i famosi gemelli fondarono la Roma pagana, Pietro e Paolo sono i fondatori della Roma cristiana, e la simbologia segue lo stesso parallelismo: il Vaticano e Porta San Paolo. Ricordiamo inoltre che sempre in questa zona l’imperatore Adriano fece erigere il suo mausoleo, Mausoleo di Adriano (130-139 d.c.), che con il tempo divenne una fortezza e poi Castel Sant’Angelo. Nel 217 d.C. il Mausoleo di Adriano venne trasformato da Aureliano in fortilizio, e fu sempre lo stesso Aureliano che fece erigere attorno all’Urbe le mura Aureliane a difesa di Roma, non includendo il circostante quartiere di Borgo.
La basilica costantiniana di San Pietro
L’evento storico importante fu l’emissione dell’Editto di Milano nel 313 d.c. voluto dall’imperatore Costantino, il quale nel 324 d.c. diede avvio alla costruzione di numerose chiese tra cui l’antica basilica paleocristiana volutamente costruita sulle spoglie del santo martire e consacrata solo nel 326 d.c. sotto papa Silvestro I. Ricordiamoci anche che Costantino fece costruire in precedenza la basilica di San Giovanni in Laterano che rappresenta la più antica basilica.
Per costruire la basilica non si dovevano spostare o violare i sepolcri sottostanti poiché la legge romana aveva un grande rispetto per i morti e garantiva l’inviolabilità dei sepolcri. Perciò, per non entrare in conflitto con le importanti famiglie proprietarie dei mausolei, la necropoli non venne distrutta ma colmata di terra. Spianando il territorio seppellisce la vicina necropoli che a questo punto rappresentava il livello più basso della chiesa.
La basilica costantiniana era innanzitutto una basilica a cinque navate di cui la navata centrale più ampia e adorna di mosaici sulle pareti con storie dell’Antico e Nuovo Testamento su due piani, molto simile a Santa Maria Maggiore, con il soffitto a capriate. La facciata esterna aveva davanti un quadriportico o “Paradiso” (con allusione ai giardini celesti) che ha le stesse caratteristiche di quello che oggi vediamo davanti a San Paolo fuori le mura che vuole essere una ricostruzione.
Vi si accedeva tramite una scalinata di 35 gradini con ai lati due statue colossali di san Pietro e san Paolo. Tre porte immettevano nel cortile al centro del quale c’era una fontana/un ninfeo o cantharus, che rappresentava la vasca per le abduzioni, al cui interno c’era la famosa pigna (che dà il nome al Rione Pigna) che oggi troviamo nell’omonimo cortile. Forse proveniva dall’Iseo campestre. Il cantharus era coperto da un baldacchino bronzeo sorretto da otto colonne di porfido e decorato con due pavoni bronzei e quattro delfini dorati.
La facciata della Basilica di San Pietro all’epoca di Costantino era decorata da un mosaico. Si accedeva all’interno mediante cinque porte:
- Porta Guidonea (perché i pellegrini vi entravano accompagnati dalle guide)
- Porta Romana(perché qui si affiggevano le insegne della vittoria e vi potevano entrare solo i romani)
- Porta Argentea(perché rivestita con lamine d’argento fatte apporre da Gregorio I (590 – 604))
- Porta Ravenniana(perché vi potevano entrare solo gli abitanti che risiedevano oltre il Tevere, zona nota come civitus ravennatium)
- Porta Iudici II(perché riservata al transito dei cortei funebri)
Sulla facciata in seguito venne costruito un campanile, il più alto di Roma. Il pavimento era decorato con lastre marmoree rotonde e quadrate di vario colore. La basilica era decorata dal pavimento fino alla sommità delle pareti. Sappiamo che vi lavorarono Giotto, Taddeo Gaddi, Pietro Cavallini che sono gli artisti tra i più importanti del ‘300 ma di cui purtroppo nella chiesa non resta traccia a causa delle vicende che afflissero Roma per tutto il Medioevo, sia per i restauri eseguiti, specialmente al tempo di Niccolò V e infine per le demolizioni iniziate sotto Giulio II.
Con la costruzione della basilica la zona del vaticano cominciò ad essere popolata e visitata da numerosi pellegrini e questo porto alla nascita di numerose attività e botteghe legate all’accoglienza dei visitatori, come ostelli e centri per la carità. Nacque così il primo nucleo del rione borgo.
Il Vaticano durante il pontificato di Papa Leone IV
Nel corso degli anni questa zona venne fortificata dalla costruzione di mura a causa delle continue incuriosi da parte dei barbari, in particolare i Saraceni i quali ogni volta saccheggiavano la basilica e devastavano il quartiere. Il grande pittore Raffaello immortalò l’evento di questo terribile incendio, descrivendolo in un celebre affresco che si trova in una stanza dei Palazzi Vaticani, dove dipinse il gesto miracoloso di colui che poi divenne Papa Leone IV che con il segno della croce fece arrestare le fiamme.
La costruzione delle mura leonine
Furono chiamate mura leonine dal nome di Leone IV che diede avvio la realizzazione che durò quattro anni fino alla conclusione avvenuta nel giugno dell’852 quando il papa nell’inaugurazione percorse la cinta muraria a piedi per consacrarla. Le mura iniziali avevano 3 porte, 44 torri e 1444 merli per una lunghezza di 3 km. La muraglia è in opera mista di calce e pietra. Il pezzo di mura che congiungeva il Vaticano a Castel Sant’Angelo fu nominato Passetto.
Le mura non esistevano sulla versante del Tevere perché al loro posto c’era l’ospedale della chiesa di Santo Spirito a svolgere la funzione di controllo.
La nascita della Civitas Leonina
Da questo momento, il quartiere non venne più considerato una parte dell’Urbe, ma una città separata, la Civitas Leonina, appunto (o “Leoniana”), con magistrati e governatore propri, e tale rimase fino al 1586 quando, con papa Sisto V, divenne nuovamente una parte di Roma, elevandolo a XIV rione, Borgo (in suo onore lo stemma di borgo presenta leone rampante con i tre monti e una stella ad otto punte).
Fu Niccolò V, nel XV secolo, ad effettuare le prime opere di ampliamento aggiungendo tre porte. Con papa Paolo III (1534-1549) ad interventi di ammodernamento delle mura (Civitas Pia) per il tratto che costeggia via angelica con Michelangelo che portò a termine, nel 1548, l’imponente “bastione del Belvedere”: l’attuale confine della Città del Vaticano, dall’angolo con piazza del Risorgimento fino all’ingresso ai Musei Vaticani, è ancora quello limitato dalla muraglia michelangiolesca.
Ma fu con papa Pio IV, nel 1561, che le mura assunsero un aspetto più massiccio e più ampio (nella mappa in alto segnate in azzurro): innanzitutto fu realizzata una cinta spostata più a nord, in pratica quel tratto che, dall’attuale piazza del Risorgimento, congiungeva il “bastione del Belvedere” al bastione settentrionale di Castel S. Angelo. Questo tratto sopravanzò, sminuendone quindi l’importanza, l’originario tracciato delle “Mura Leonine”, oggi noto come Passetto, che divenne così soltanto il “Coridore de Borgo”, ovvero la via di fuga pontificia verso Castel S. Angelo.
Sull’ampio portale d’accesso ai Musei Vaticani con cornice in bugnato è situata la relativa targa, sormontata dalle statue di “Michelangelo Buonarroti” (a sinistra) e “Raffaello Sanzio” (a destra) poste ai lati di uno stemma di Pio XII del 1932.
All’angolo del viale Vaticano con via Leone IV si trova uno Stemma di Pio XI imponente stemma della famiglia Farnese databile al 1542, a testimonianza dei lavori di papa Paolo III. Al termine di via di Porta Angelica vi sono una coppia di fornici aperti per motivi di viabilità da Pio IV nel 1563 e dal Comune di Roma nel 1933, sopra i quali vi sono conservate una serie di lapidi a testimonianza di vari interventi.
I pellegrini che raggiungevano il Vaticano si radunavano molto spesso in vere e proprie comunità in relazione al luogo di provenienza, andando a formare delle vere e proprie Scholae (scuole come i Franchi, Longobardi, Sassoni, Frisoni) il cui compito era di assistere i connazionali a Roma, le quali avevano ciascuna una chiesa di riferimento nella zona.
Ne sono un esempio la chiesa di Santo Spirito in Sassia per la comunità dei sassoni, nata accanto al proprio ospedale quello di Santo Spirito; la chiesa dei Santi Michele e Magno per la comunità dei Frisoni (etnia germanica), la chiesa di Santa Maria in Trasportina dal nome dei Traspadani (longobardi e germani), ecc. In particolare i pellegrini germanici chiamavano le proprie Scholae, Burg, dal tedesco significa “centro fortificato” da cui deriverà il nome del rione.
Il Vaticano sotto il pontificato di Niccolò III
Niccolò III (1277-1280) è il primo papa che comincia a risiedere, anche se parzialmente, in Vaticano. Ciò vuol dire che accanto alla basilica cominciano a nascere gli edifici che poi saranno il nucleo della residenza pontificia e di quello che oggi chiamiamo Musei Vaticani. Egli comincia ad aprire e organizzare il primo viridarium che costituì il primo abbozzo di un giardino, anche se non nel senso che intendiamo oggi: era piuttosto un orto, uno spazio verde riparato e protetto.
Oggi del viridarium non resta più nulla perché Innocenzo VIII (1484-1492) vi fece costruire sopra il palazzetto del Belvedere. Il viridarium era situato proprio nel punto in cui ora sorge l’atrio dei quattro cancelli e quindi era il primo nucleo dei giardini vaticani. Era un luogo che aveva bisogno di continua manutenzione. Infatti durante il periodo avignonese l’abbandono fu quasi totale e S. Pietro ne soffrì più di tutti gli edifici.
Per quanto riguarda la basilica di San Pietro fu Innocenzo III a dare l’aspetto che rimase fino al Rinascimento quando, dopo la cattività avignonese (13079-1377), tornati a Roma i papi decisero di erigere il Vaticano come loro sede e residenza.
Il primo nucleo dei palazzi vaticani è duecentesco. Da qui in poi si continuano a costruire edifici che andranno ad aggiungersi uno all’altro fino a formare la residenza rinascimentale definitiva sul quale si innesterà il Palazzo Apostolico di Sisto V sigillo finale dal punto di vista della residenza.
Il Vaticano sotto il pontificato di Niccolò V
Niccolò V, a metà del ‘400, è stato un papa importante perché il nucleo originale delle stanze vaticane fu iniziato con lui; è il primo papa che decide di radere al suolo la prima basilica costantiniana per redigere una più grande e degna, perché era più complesso costruire sopra e conveniva buttare giù quello che era già esistente.
Affidò l’opera di ricostruzione agli architetti Bernardo Rosellino, Leon Battista Alberti e Giuliano da Sangallo. Il progetto viene assegnato a Rossellino. Egli era uno di quegli artisti che cominciavano a venire a Roma da Firenze, allora detentrice del primato della storia dell’arte, i grandi artisti delle botteghe che poi porteranno alla realizzazione e decorazione della cappella Sistina prima di Michelangelo.
Rossellino realizza un progetto compiuto ma per vicissitudini varie tra le quali la morte del papa e la mancanza di fondi, faranno sospendere il progetto che verrà ripreso da Giulio II, che farà lavorare contemporaneamente artisti del calibro di Raffaello, Bramante e Michelangelo.
Le imprese di Papa Giulio II
Ma alla morte del Papa nel 1455, il lavoro fu sospeso per quasi mezzo secolo. Papa Giulio II (1503-15013) decise di continuare la costruzione affidando nel 1506 il lavoro al Bramante, il quale realizza il primo progetto effettivamente compiuto (quello di Rossellino era rimasto sulla carta).
Egli aveva ideato una basilica la cui pianta a croce greca fosse sormontata da una cupola.
Nel 1514 Bramante muore non riuscendo a completare il progetto e a lui succede Raffaello alla carica di Maestro della Fabbrica di S. Pietro. Raffaello concepisce un progetto diverso, a croce latina, allungando la navata centrale. Ma nel 1520 Raffello mori non riuscendo ad eseguire i suoi progetti, stessa cosa per i suoi successori Baldassarre Peruzzi e Antonio da Sangallo.
Quest’ultimo realizzò in compenso il progetto ligneo che si trova tuttora nella basilica, capolavoro a livello di modello che propose una S. Pietro del tutto nuova. Era un affastellamento di stili piuttosto ibridi e non omogeneo che non piacque al Papa soprattutto perché costosissimo, era il modello più grande mai costruito nel Rinascimento.
Nel 1547 Michelangelo prende in mano la situazione (ha 72 anni) sotto il pontificato di Paolo III. Egli ritorna alla pianta a croce greca di Bramante, semplificandola ulteriormente facendo buona parte di quello che vediamo oggi. In particolare la struttura centrale di San Pietro.
Michelangelo non vede coronati i suoi sforzi perché nel 1574 morì lasciando incompleta la cupola. Il suo progetto viene portato avanti, per la cupola e per tutto ciò che c’è sotto ossia i bracci della croce greca, da Giacomo della Porta e Domenico Fontana, coloro che volteranno la cupola durante il papato di Sisto V nei 5 anni (1585-1590). La cupola di Michelangelo era semisferica, poi Fontana e Della Porta la alzano stravolgendola. Per Michelangelo doveva essere visibile da tutti i lati in maniera completa, soprattutto il tamburo.
Invece col progetto di Della Porta non è possibile vederla. Man mano ci avviciniamo alla cupola essa scompare e questo Michelangelo non l’avrebbe mai tollerato. Inoltre questo progetto non aveva delle misure che stabilizzavano la cupola, che subì negli anni numerose lesioni risarcite più volte, fino al 1931.
Il Vaticano sotto il pontificato di Paolo V
Paolo V primo papa protagonista del ‘600 completa l’opera riportando la pianta della basilica a croce latina come voleva Raffaello. Tutto ciò che è croce greca è michelangiolesco. L’allungamento delle navate opera di Carlo Maderno.
Il completamento della facciata è del 1614.
L’iscrizione esalta Paolo V e non Pietro. La data 1612 non corrisponde al termine dei lavori.
Dopo molte traversie la chiesa fu terminata con la pianta a croce latina. Papa Urbano VIII, l’8 novembre del 1626 consacrò la nuova chiesa.
La realizzazione di Piazza San Pietro
Piazza San Pietro venne progettata dal Bernini tra il 1657 e il 1666 sotto il pontificato di Alessandro VII Chigi. Nella costruzione Bernini dovette tener presente alcune situazioni. La piazza doveva arrivare a contenere un vasto numero di persone quindi bisognava creare uno spazio piuttosto ampio.
Inoltre erano presenti delle incongruenze negli edifici preesistenti, ad esempio la facciata della basilica era troppo ampia, oppure i palazzi apostolici non erano disposti in maniera simmetrica quindi bisognava creare uno stacco che armonizzasse il tutto. Bernini quindi inserì la cosiddetta “piazza retta”, di forma trapezoidale davanti alla chiesa, sviluppò in avanti due bracci porticati rettilinei leggermente divergenti verso la facciata, in modo da collegare la chiesa con la piazza ovale.
La piazza ovale ha la forma di un’ellisse ed è formata da due emicicli. Le colonne della piazza sono diverse da quelle della facciata, quest’ultime corinzie sono più esili e alte. Inoltre le colonne degli emicicli sono allineate in base ai raggi dell’ellisse creando un alternarsi di spazi vuoti e pieni, il cui centro è indicato dalla piastrella ritonda posta al centro della piazza.
Questo progetto racchiude un importante significato simbolico: la forma ellittica indica l’universo, il portico che si sviluppa dalla basilica rinvia alle braccia della Chiesa che raccolgono l’intera umanità. Riprende la tipologia del Colosseo per l’aspetto circolare mentre il colonnato quello dei fori. Il nuovo re sarà Gesù, il Papa rappresenta quello che nell’impero romano era l’imperatore.
Le statue dei santi offrono la mediazione tra il mondo e Dio, esse sono state poste nell’800 al posto delle precedenti scolpite nel XV secolo da Paolo Taccone e Mino del Reame.
L’ingresso della basilica vaticana
Prima di entrare nella basilica si passa attraverso un portico, disegnato anch’esso da Maderno. Alle estremità del portico si trovano due statue: a sinistra la Statua equestre di Carlo Magno di Cornacchini (incoronato imperatore nella chiesa nella notte di natale dell’800 da Leone III) e a destra Costantino di Bernini, fondatore della basilica e promotore del Cristianesimo.
Sopra al portico si affaccia la loggia delle benedizioni papali Urbi et Orbi. La balaustra è sormontata dalle statue del Cristo Redentore al centro, di San Giovanni Battista e degli altri 11 Apostoli. La facciata si presenta con un ordine di colonne e di lesene corinzie, su cui è impostato un imponente cornicione con timpano centrale coronato da una balaustra sulla quale si innalzano le 13 statue alte quasi 6 metri e sulla trabeazione una iscrizione ricorda che i lavori furono compiuti sotto Papa Paolo V Borghese, al soglio dal 1605 al 1621.
La passeggiata storica nel Vaticano
La storia e la ricchezza del luogo non finisce qui! Il viaggio alla scoperta del Vaticano e dei suoi dintorni è molto più vasto, soprattutto se ci si sofferma sui particolari, quegli indizi che un turista di fretta e in poco tempo non riesce a cogliere.
In un pomeriggio avrai modo di vedere le tappe più importanti del rione.
Molti dei luoghi da visitare nel rione Borgo possono essere ammirati anche dall’esterno, nel bel mezzo di una passeggiata. Si può raggiungere il rione passando per via Giulia fino ad arrivare al Ponte degli Angeli; con una piacevole camminata da Castel Sant’Angelo si arriva in Piazza San Pietro, percorrendo via della Conciliazione. Durante la passeggiata si ha la possibilità di ammirare:
-Ponte degli angeli
-Castel Sant’Angelo
-Via della Conciliazione
-S. Maria in Trasportina
-Palazzo Torlonia
-Palazzo dei Convertendi
-Palazzo dei Penitenzieri
-Palazzo di Jacopo da Brescia
-Ss. Michele e Magno
-Palazzo del Santo Uffizio
-S. Lorenzo in Piscibus
-Casa Generalizia dei Gesuiti
-S. Spirito in Sassia
-Palazzo del Commendatore
-Ospedale di S. Spirito in Sassia
-Museo storico nazionale dell’arte sanitaria
-S. Maria Annunziata
Molti dei palazzi nominati si affacciano direttamente in via della Conciliazione(Palazzo Torlonia, Palazzo dei Convertendi e Palazzo dei Penitenzieri), insieme alla chiesa di S. Maria in Trasportina. Se si passeggia invece nella strada parallela a via della Conciliazione, cioè in via di Borgo Santo Spirito, è possibile ammirare dall’esterno la chiesa di Ss. Michele e Magno, la Casa Generalizia dei Gesuiti, S. Spirito in Sassia insieme all’ospedale, Palazzo del Commendatore, il Museo Storico Nazionale dell’Arte Sanitaria e S. Maria Annunziata.
[1] Meglio conosciuta come Agrippina Maggiore, era la madre di Caligola, figlia di Marco Vipsanio Agrippa (amico fraterno di Augusto) perciò appartenente alla dinastia giulio-claudia (famiglia alla quale appartenevano i primi cinque imperatori romani che governarono Roma dal 27 a.c. al 68 d.c.: Augusto 27 a.c.- 14 d.c., Tiberio 14-37 d.c., Caligola 37-41 d.c., Claudio 41-54 d.c., Nerone 54-68 d.c.). Ebbe come figlia Agrippina minore, moglie dell’imperatore Claudio e madre di Nerone. Agrippina minore era una fortissimamente donna convinta dell’importanza della propria stirpe, ambiziosa, dominatrice, ma anche accorta, lungimirante, pregna di senso dello Stato. Agrippina fu una delle più significative figure femminili dell’Impero romano, e l’unica che riuscì a conseguire uno status effettivo comparabile a quello di un Principe-donna, ovvero di un’autentica imperatrice. Fu isolata, umiliata, perseguitata ed infine fatta assassinare dal figlio, Nerone, con la morte del quale si estinse la dinastia giulio-claudia. L’intensa attività sessuale di cui era stata accusata fu portata avanti da alcuni storici soprattutto cristiani che avevano sempre molto da ridire sulle romane importanti e pagane dell’epoca. E’ un po come oggi i gli islamici vedono le donna occidentali, corrotte e licenziose. Agrippina aveva una personalità molto controllata e freddina che si conciliava con il modo di abbigliarsi: non compare mai con vesti o gioielli molto lussuosi, era molto contenuta e con molta dignità rispettava i costumi romani. Questa rigidità traspare dalle sue statue che la ritraggono con un corpo poco sensuale e molto controllato. Furono addirittura coniate delle monete con il suo volto insieme a quello del figlio Nerone emesse il 54 d.c.
[2] Dal 1952 e fino al 1965 il lavoro dell’archeologa Margherita Guarducci fu fondamentale per raggiungere alla certezza che possediamo oggi: studiò il muro dei graffiti scoprendo la presenza esuberante del nome di Pietro, espresso con le lettere P, PE, PET, e unito di solito col nome di Cristo, col simbolo di Cristo, con la sigla di Cristo e col nome di Maria, e soprattutto dominavano, su questo muro, le acclamazioni alla vittoria di Cristo, Pietro e Maria. Poi c’era il ricordo della Trinità, il ricordo di Cristo seconda persona della Trinità, e via di seguito. Tutta la teologia del tempo era su quel muro. Nel settembre 1953 l’archeologa italiana scoprì le ossa di Pietro. L’identificazione delle reliquie come effettivamente appartenenti all’apostolo Pietro venne annunciata da Papa Paolo VI nel 1968 e mai smentita.
[3] Gaio era il nome del sacerdote che secondo Eusebio (storico della Chiesa del III-IV sec) aveva citato nei suoi testi la tomba di Pietro.
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